SANTORI DALLA DE FILIPPI - IL POPULISMO SDOGANA LE SARDINE

Jakub Stanislaw Golebiewski • 28 febbraio 2020

Le Sardine di Bologna, dopo aver incassato una serie di flop nelle ultime manifestazioni di piazza, fanno la rivoluzione dal salotto di Amici di Maria De Filippi. La partecipazione di tre leader al programma scatena nuovamente la rivolta di referenti sul territorio e simpatizzanti.

Le Sardine di Santori sono finite nella "rete" del populismo, in luoghi del nulla e della banalità.

Quello del populismo è un 𝙫𝙞𝙧𝙪𝙨, pericoloso, subdolo che impatta sulla cultura, sulla politica, sull’economia e sul comportamento delle persone. Correva l’anno 1994 quando il primo populista dell’era moderna, Silvio 𝗕𝗲𝗿𝗹𝘂𝘀𝗰𝗼𝗻𝗶, scese in campo per la prima volta.
Il suo potente carisma fruttava consensi e voti grazie a continue campagne elettorali e soprattutto grazie alla 𝘃𝗶𝗱𝗲𝗼𝗰𝗿𝗮𝘇𝗶𝗮 supportata da un’arte oratoria piena di stereotipi, luoghi comuni e pregiudizi che lavora alla pancia delle persone. Elementi questi che nel corso degli anni si sono riversati all’interno di ciascun palinsesto delle reti mediaset con un preciso obiettivo, quello di legare l’esposizione alla televisione commerciale a forze che adottano un linguaggio populista e 𝗶𝗽𝗲𝗿𝘀𝗲𝗺𝗽𝗹𝗶𝗳𝗶𝗰𝗮𝘁𝗼 nella comunicazione politica.
L’esposizione a una tv di intrattenimento compromette le facoltà cognitive di un particolare bacino di utenza e questo lo conferma uno studio congiunto di accademici del calibro di Pinotti-Durante-Tesei. L'elaborato evidenzia che gli individui esposti alla tv di intrattenimento per bambini/ragazzi, oggi chiamati scherzosamente bimbiminkia, risultano meno sofisticati dal punto di vista cognitivo, meno sensibili e meno provvisti di senso civico, e in ultima istanza più vulnerabili alla 𝗿𝗲𝘁𝗼𝗿𝗶𝗰𝗮 𝗽𝗼𝗽𝘂𝗹𝗶𝘀𝘁𝗮 berlusconiana.

La tv commerciale quindi nutre i populisti e lo fa anche con i “diversamente-populisti”, quelli endemici che chiudono il cerchio e approcciano virilmente ai social. Alla fine eccoci qui, il solito cane che si morde la coda, le 𝗦𝗮𝗿𝗱𝗶𝗻𝗲 si sono rivolte alla politica impugnando l’anti-politica, ma sono cadute nella più infima trappola, un paradosso che ha ben descritto de Tocqueville - per l’uguaglianza hanno una passione ardente, insaziabile, eterna, invincibile; vogliono l’uguaglianza nella libertà, ma, 𝘀𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗼𝗻𝗼 𝗼𝘁𝘁𝗲𝗻𝗲𝗿𝗹𝗮, 𝗹𝗮 𝘃𝗼𝗴𝗹𝗶𝗼𝗻𝗼 𝗮𝗻𝗰𝗵𝗲 𝗻𝗲𝗹𝗹𝗮 𝘀𝗰𝗵𝗶𝗮𝘃𝗶𝘁𝘂̀ -.
Le Sardine di Bologna sono cadute nel 𝗰𝗼𝗻𝗳𝗼𝗿𝗺𝗶𝘀𝗺𝗼 che difficilmente si può estirpare perché se pur 𝗔𝗺𝗶𝗰𝗶 di Maria de Filippi rappresenti un modello apparentemente democratico, in cui i ragazzi sono tutti uguali, è anche vero che l’uguaglianza della massa scalza la libertà dell’individuo in un perfetto capovolgimento di valori. L’autenticità e l’originalità di ognuno di loro non sono più il contrassegno di una scelta individuale, ma il sigillo dell’appartenenza alla maggioranza.

Quindi 𝗰𝗵𝗶 𝗴𝘂𝗮𝗿𝗱𝗮 𝗹𝗼 𝘀𝗵𝗼𝘄 è 𝘂𝗴𝘂𝗮𝗹𝗲 𝗮 𝗰𝗵𝗶 𝗹𝗼 𝗳𝗮, o almeno crede di esserlo e l’autenticità intesa come normalità, convinzione di essere autentici perché ognuno è “vero” e non costruito, è la democrazia populista, quella di tutti. In realtà 𝗱𝗲𝗺𝗼𝗰𝗿𝗮𝘇𝗶𝗮 𝗲 𝗽𝗼𝗽𝘂𝗹𝗶𝘀𝗺𝗼 𝗻𝗼𝗻 𝗰𝗼𝗶𝗻𝗰𝗶𝗱𝗼𝗻𝗼: la prima è un sistema di funzionamento della 𝗿𝗮𝗽𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲𝗻𝘁𝗮𝗻𝘇𝗮; mentre il populismo è un’ i𝗱𝗲𝗼𝗹𝗼𝗴𝗶𝗮 che qualche decennio fa era basata su slogan e adunate oceaniche, oggi sempre di più sul potere pervasivo dei media, soprattutto televisione e web.
Questo è il semplice modello utilizzato nella comunicazione berlusconiana, quella del nemico da sconfiggere che contrappone la gente al Palazzo, la società civile alla Casta, la trincea del lavoro ai professionisti della politica.

Sono sempre più convinto che quella delle Sardine di Bologna è una scelta divisiva non condivisa, di marketing e di fuga verso un’omologazione al dispotismo contro una libertà voluta e condivisa, ben spiegata da Benjamin Constant - per libertà si intende il trionfo dell’individualità, sia sull’autorità che vorrebbe governare con il despotismo, sia sulle masse che reclamano il diritto di assoggettare la minoranza alla maggioranza -.

Il popolo è sempre sovrano, ma la democrazia può essere infettata e ammalarsi, le Sardine in questo momento storico non possono assolutamente infettarsi ma continuare a lavorare. La ricostruzione di una sana democrazia passa attraverso la rinascita della 𝗰𝗼𝘀𝗰𝗶𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗰𝗶𝘃𝗶𝗹𝗲, della solidarietà, della cultura liberale antifascista, dell’umanesimo sociale, della morale laica, della tolleranza e della 𝗰𝗼𝗻𝗱𝗶𝘃𝗶𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲 di idee tra persone. Serve ricostruirla per contrastare la rabbia, la prepotenza, il rancore, il linguaggio aggressivo e quei modelli che condizionano negativamente le nostre vite reali e virtuali.

Caro Santori, alle 𝗦𝗮𝗿𝗱𝗶𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗥𝗼𝗺𝗮 non interessa sapere il perché di questa scelta, è stato sufficiente osservarne già le conseguenze.
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