Viviamo nell’epoca delle contraddizioni, tutto può essere il contrario di tutto, ma se a contraddirsi sono i Tribunali, la situazione inizia a farsi preoccupante. Tutti i cittadini «sono eguali davanti alla legge» cita la nostra Costituzione. Tanti genitori separati però hanno il sospetto che alcuni di loro siano al di sopra (o al di fuori) della legalità.
Ma la legge è davvero uguale per tutti? A scuola ci hanno insegnato che la legge è generale ed astratta e si applica indistintamente ai cittadini. Ma è sempre così? Sappiamo altrettanto bene, questa volta non dalla scuola ma dall’esperienza, che non sempre ciò avviene e questo è il caso di due tribunali italiani, quello di Milano e Bari che si sono espressi diversamente su un tema che ha infiammato le famiglie separate durante il periodo di lockdown, il diritto di visita dei figli minori.
Sin dall’inizio dell’emergenza sanitaria COVID19, il Governo Conte aveva autorizzato tutti gli spostamenti dei genitori separati per raggiungere i propri figli anche al di fuori del proprio comune, pubblicando sul sito del Governo, a partire dalla data del 9 aprile 2020 con il Decreto #IoRestoaCasa, delle FAQ
che avevano di fatto confortato i genitori non collocatari (per lo più i padri). Nessun dubbio quindi, sul fatto che il Governo abbia avuto a cuore il diritto-dovere di frequentazione tra figli e genitori separati anche in caso di pandemia. Orientamento questo che è stato recepito immediatamente dal Tribunale di Milano
che, con decreto 11 marzo 2020, è stato il primo a pronunciarsi stabilendo che le disposizioni governative in materia di Covid-19 non dovessero ritenersi preclusive dell’attuazione delle disposizioni di affido e collocamento dei minori “sicché alcuna chiusura di àmbiti regionali può giustificare violazioni, in questo senso, di provvedimenti di separazione o divorzio vigenti”. In soldoni, il diritto alla bigenitorialità
(il diritto del minore a mantenere un rapporto stabile con ambedue i genitori) così come il diritto del genitore a frequentare il figlio collocato presso l’altro genitore devono sempre prevalere.
Di diverso avviso è stato invece il Tribunale di Bari
che ha sospeso gli incontri tra un papà e il figlio minore, quest’ultimo collocato presso la mamma in un comune diverso da quello del padre. Vediamo i fatti. La madre del bambino deposita un’istanza affinché vengano sospesi gli incontri tra padre e figlio per tutta la durata dell’emergenza sanitaria. L’istanza viene accolta con un’ordinanza del 26 marzo a fondamento della quale vi è la convinzione che “lo scopo primario della normativa che regola la materia è una rigorosa e universale limitazione dei movimenti sul territorio
(all'epoca con divieto di spostarsi in comuni diversi da quello di dimora), tesa al contenimento del contagio, con conseguente sacrificio di tutti i cittadini ed anche dei minori”.
Stando a quanto scrive il Tribunale pugliese, non è possibile verificare se il minore, nel corso degli incontri paterni, sia stato esposto a rischio sanitario con conseguente pericolo per coloro che coabitano presso l’abitazione della madre. Quindi, nel momento di emergenza sanitaria “il diritto - dovere dei genitori e dei figli minori di incontrarsi è recessivo rispetto alle limitazioni alla circolazione delle persone” in base agli articoli 16 e 32 della Costituzione. In soldoni, contrariamente a quanto disposto dal Tribunale di Milano, quello di Bari ha ritenuto che il diritto di visita padre-figlio minore e quindi il diritto alla bigenitorialità non debba essere qualificato come motivo di ‘assoluta urgenza’ idoneo a giustificare lo spostamento da un comune a un altro. Saranno invece permessi ‘incontri virtuali’ su WhatsApp
o Skype
per periodi di tempo uguali a quelli già fissati e secondo il medesimo calendario di visita.
Che siano giuste o (in)giuste le decisioni prese dai due Tribunali è difficile stabilirlo, soprattutto è difficile comprendere se sia prevalente il diritto-dovere di difendere la salute propria e altrui oppure il diritto-dovere di frequentazione tra figli e genitori separati, anche in caso di pandemia. Ma quando si tratta di decidere per il “bene dei figli”, troppo frequentemente i genitori separati scaricano importantissime responsabilità abdicando verso i tribunali e cedendo loro l'ultima parola, accettando il rischio che le decisioni vengano prese a seconda della filosofia
abbracciata semplicemente da quel Tribunale o da quel Giudice.
Hans Hoffman
ci ricorda che capacità di semplificare significa “eliminare il superfluo in modo che solo il necessario possa parlare” e per questo credo che le decisioni sulle modalità di frequentazione possano coniugarsi con qualunque disposizione generale purchè modulate alla luce del buonsenso
nel rispetto dei genitori ma soprattutto dei figli, come può essere quello di evitare il contatto dei minori con situazioni potenzialmente a rischio, con i nonni o con soggetti maggiormente esposti al rischio di contrarre il Covid-19.
La semplicità è una grande virtù, ma occorre un duro lavoro per raggiungerla perchè la complessità vende meglio, specialmente nel campo delle separazioni.