CASO AMERIGHI. UN PADRE NON PUO' ARRIVARE A TANTO.

Redazione • 6 agosto 2020

Spunti di riflessione sul caso di Ginevra Amerighi tratti dal post di Jakub Stanislaw Golebiewski, presidente dell'associazione Padri in Movimento

Lei è Ginevra Amerighi, una mamma alla quale nel 2011 è stata sottratta la figlia di pochi mesi. 
Non la conosco personalmente ma ho letto della sua storia e so che la figlia le è stata tolta e affidata in via esclusiva al padre.

Da quel giorno Arianna, questo è il nome della bambina, non ha più visto la mamma. Lungi da me entrare nel merito di questa straziante e complessa vicenda giudiziaria, vorrei solo dire la mia da padre separato.

Se oggi dovessi ragionare da uomo vincolato a principi arcaici e privi di valore umano mi assocerei alle opinioni dei pater familias esclamando semplicemente: “le sta bene!”. Ma sarebbe da codardi schierarsi nella competizione impari tra uomo e donna dalla parte dei più forti, di quelli che vedono solo se stessi al centro di ogni esclusivo interesse comune.

Purtroppo (o per fortuna) non la penso così. Nel mio percorso separativo ho dovuto fare diverse scelte importanti, tra le quali una in particolare. Ho tolto me stesso e messo i miei figli al centro di un interesse non più esclusivo ma condiviso tra genitori.

Finalmente oggi osservo serenamente il mondo che mi circonda con gli occhi di un bambino, con quelli dei miei figli, consapevole che solo così potrò agire per il loro bene, modulando attentamente qualsiasi compensazione per eccesso o carenza nei due diversi metodi educativi che adottiamo come coppia separata.

Quella che sto vivendo è un’esperienza unica, fondata sul rispetto e sull’amore e grazie alla quale sto riscoprendo me stesso in una diversa veste che mai avrei immaginato potesse calzarmi.

Affinchè ciò possa accadere, bisogna necessariamente essere in due. 
Due è il numero che manca nella storia di Ginevra, una storia ormai a senso unico in cui il sistema che doveva mettere al centro i figli, ha messo al centro solo l’interesse esclusivo di uno dei due genitori, escludendo completamente quel fondamentale rapporto d’amore che deve esserci anche con l’altro.

Ma cosa ha di sbagliato la pericolosissima Ginevra che non può vedere e frequentare sua figlia?

E’ una mamma pericolosa perché simbiotica o malevola e ce lo scrive una CTU (Consulente Tecnico d'Ufficio)?
Avete presente i mercenari? Ecco, avete capito tutto sui CTU.

Ho saputo che Ginevra è un’insegnante delle elementari, quindi se non è pericolosa per decine di bambini non può esserlo sicuramente per sua figlia, altrimenti vivrebbe con un ordine di allontanamento da qualsiasi bambino sulla faccia di questa terra.

Ho saputo che Ginevra si è appellata a tutti, chiedendo aiuto anche al Presidente Mattarella e Papa Francesco.

Ho saputo che Ginevra ha un bellissimo giardino sempre fiorito curato con amore che chiama “il giardino di Arianna”.

Ho saputo che Ginevra “si accontenterebbe” anche di uno sguardo con la figlia per farle capire che mamma non l’ha mai abbandonata.

Infine ho saputo che Arianna e suo padre vivono nella mia stessa città, Roma.

Non conosco Ginevra e sono fortemente rammaricato per la sua storia. Non posso rivolgermi a lei perché comunque ogni mia parola sarebbe in più rispetto a quelle che ha già sentito in 10 anni.

Conosco invece il papà di Arianna. Si, lo conosco solo perché è un padre separato come lo sono anche io e per questo mi rivolgo virtualmente a lui, perché sono certo che riuscirebbe a guardare il mondo con gli occhi di un bambino, con quelli di sua figlia sforzandosi a ricollocarla al centro dell'interesse di entrambi i genitori. Un papà è capace anche di questo.

Caro papà di Arianna, sarei contento se leggessi questa stupenda poesia di Khalil Gibran, "i vostri figli", un messaggio per la vita che aiuta a comprendere come i figli non sono una nostra proprietà ma costituiscono altro da noi, in modo univoco e radicale.

Noi padri, di solito, abbiamo un istinto che ci spinge a impedire ai propri figli di prendere una strada che consideriamo pericolosa. Ci sforziamo di spianar loro la strada, cercando di far commettere loro il minor numero di errori possibile.

Ma gli errori fanno parte della loro vita e dell’esperienza che li forgerà e li farà diventare esseri indipendenti e autosufficienti. Fermare una figlia dal voler vedere la propria madre significa fermare il corso della loro vita, della loro indipendenza. Quell'arco che lancia i figli verso il domani resterà rotto, e quella freccia non potrà mai partire e volare. Pensaci.

"I vostri figli"

I tuoi figli non sono figli tuoi.
Sono i figli e le figlie della vita stessa.

Tu li metti al mondo ma non li crei.
Sono vicini a te, ma non sono cosa tua.

Puoi dar loro tutto il tuo amore, ma non le tue idee.
Perché loro hanno le proprie idee.

Tu puoi dare dimora al loro corpo, non alla loro anima.
Perché la loro anima abita nella casa dell’avvenire, dove a te non è dato di entrare, neppure col sogno.

Puoi cercare di somigliare a loro ma non volere che essi somiglino a te.

Perché la vita non ritorna indietro, e non si ferma a ieri.
Tu sei l’arco che lancia i figli verso il domani.

di Redazione
da un post su Facebook di Jakub Stanislaw Golebiewski presidente associazione Padri in Movimento

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