Lettera di una madre separata: mia figlia, orfana dell'amore di un padre vivo

Redazione • 16 agosto 2021

Lettera aperta di una madre separata. Chiede amore per la figlia ma riceve tutt'altro da parte dell'ex marito.

Tutto inizia con una relazione di 1 anno, lui è più grande di me di quasi 10 anni.

Decidiamo di sposarci, lo facciamo velocemente e dopo 1 anno nasce nostra figlia, desiderata da entrambi. Soprattutto da lui, a dire il vero. Ha sempre desiderato essere padre. Si prende cura di me nei 9 mesi di gravidanza terribili, che ho attraversato tra continui malesseri e minacce di aborto. Sono stati 9 mesi difficili ma pieni di attenzioni e coccole, fino al giorno del parto.

Desiderava tanto una femminuccia, eccola, per lui, per noi. Ha scelto anche il nome per nostra bambina.


Dal giorno dopo il parto mi rendo conto che il nostro matrimonio vacilla totalmente: lui non mi attenziona più e davanti la mia famiglia, ancora in ospedale dopo 24 ore dal difficile e travagliato parto cesareo, mi invita ad “alzarmi da quel fottuto letto” e a “non rompere più le palle”.

L’impressione che avevo è di essere stata utilizzata. Ormai avevo partorito e quindi non gli servivo più. Continuo però a crederci e passano i mesi: tra noi due le cose vanno sempre peggio. Arriva a vietarmi, quando era di servizio la notte, di potere dormire nel mio letto. Dovevo stare sul divano e quando rincasava da lavoro, pretendeva che facessi i bisogni dentro un secchio di plastica posto in cucina, perché non voleva essere disturbato in nessun modo dal rumore dello sciacquone in bagno. Lui era stanco ed io, secondo la sua percezione, a casa a girarmi i pollici e non fare nulla, perché in maternità.


Mi aveva vietato anche di fare venire i miei genitori a casa quando lui era presente perché la nascita della bambina aveva portato troppi cambiamenti nella sua routine. Il pianto della bambina lo snervava e a questo punto ero consapevole della situazione in cui mi trovavo: gestire da sola una bimba piccola e relazionarmi con uno sconosciuto. Questa era la mia vita, non più una carezza, una parola di conforto, il vuoto, nulla! Oltre il danno anche la beffa. Scopro una relazione clandestina con una collega di lavoro, iniziata un paio di mesi prima del parto. Io e la bambina eravamo diventate un peso alla sua libertà e così decido di armarmi di coraggio e decido di parlargli per mettere fine al mio matrimonio. Lo faccio tra mille sensi di colpa, era una decisione dolorosa ma necessaria perché dettata dalla disperata necessità di riprendere in mano la mia vita come donna e soprattutto madre. Nel frattempo, mi costringe a lasciare il lavoro: non voleva assolutamente gestire la piccola quando a casa da solo. Gli serviva una babysitter a costo zero.


Non mollo, dopo pochissimo tempo iscrivo la piccola ad un asilo nido e cerco di reinserirmi nel mondo del lavoro. Lui, beato e felice decide di rimanere dentro casa mia, comprata in parte con il sacrificio dei miei genitori e la restante con un mutuo sulle mie spalle che ho iniziato a pagare ancora prima di convivere con lui. Senza alcun ripensamento, decido di allontanarmi perché nel frattempo erano iniziate le percosse e decido che sia la scelta migliore per evitare di fare assistere alla piccola a scene di violenza. Lo lascio a casa mia e decido di andare dai miei dandogli il tempo necessario di trovarsi una nuova sistemazione, così, dopo circa un mese lui va via e io e la bambina finalmente rientriamo nella nostra casa.


Separazione legale, accordo economico, la piccola ha solo 20 mesi e pian piano riprendo la mia vita in mano. Dopo un anno, lui mi chiede di rivedere a ribasso l’accordo economico a patto di rendersi più disponibile con la piccola che, nel frattempo, stava con lui non più di un paio di ore a settimana perché sempre stanco e a lavoro. In questo periodo comunichiamo pochissimo e i rapporti, già freddi ma ancora civili, si inaspriscono nel momento in cui incontro un mio vecchio amico e dopo qualche tempo decidiamo di stare assieme. La bambina in questo mio percorso rimane sempre con me, esce con me, nei week end è stata sempre accanto a me perché il mio ex marito non ha mai chiesto di poter pernottare con la piccola. Era costantemente stanco e quindi, a detta sua, impossibilitato a dedicare tempo alla figlia.


La mia relazione non gli va giù. Iniziano le minacce, iniziano le invasioni della mia privacy (localizzatore gps nascosto nella mia auto, password compromesse…etc.) fino al punto di contattare la persona che stavo frequentando. Lo minaccia, lo assilla fino al punto di farmi lasciare. La storia si ripete per 8 anni con qualsiasi mio tentativo di rifarmi una vita, di trovare un appoggio morale finché, a seguito di mie denunce, testimonianze, nel 2018 finalmente viene ammonito dal Tribunale per stalking. Nel frattempo, scopro che mio padre, che aveva tagliato inspiegabilmente i ponti con me da 5 anni, lo aveva fatto perché il mio ex aveva costruito fantasiose storie attraverso fotomontaggi di ogni genere sulla mia persona. A seguito della mia disperata denuncia, mio papà comprende che non ero io il problema e serenamente si riavvicina a me. Muore 7 mesi dopo, lasciandomi una carpetta piena di tutte le cattiverie che il mio ex Marito aveva perpetrato per anni, dove lui stesso ammetteva di avermi clonato le password del PC e il telefono cellulare.


In tutto questo la piccola era divenuta una sua arma, la prendeva sporadicamente e secondo sue disponibilità solo per attingere nuove sulla mia vita privata, inesistente tra l'altro, fino al giorno in cui la piccola torna a casa completamente bagnata di urina, si era fatta la pipì addosso. Alla mia domanda del perché si era fatta la pipì, lei risponde che il padre le aveva detto tante cose brutte sul mio conto e che doveva ripetere sotto minaccia mentre la registrava. Il tutto con l'aiuto della nonna paterna che le urlava e le diceva che io ero una mamma orribile e una poco di buono. Così decido di comunicare il tutto al mio avvocato e a stretto giro di mail e telefonate, il mio ex nega che tutto ciò sia mai accaduto. A malincuore e, forse sbagliando ma credevo e credo che le persone possano cambiare in meglio, supplico la piccola di dare una nuova possibilità al papà e di fare con lui la pace. Organizzo così un incontro in un bar e, dopo aver rotto il ghiaccio in mia presenza, vado via e felice e la lascio al padre che da quel momento in poi, di tanto in tanto, ovvero un paio di volte al mese, cerca la compagnia della figlia.


Inizia il processo per stalking e i rapporti si inaspriscono ancora. Lui mi chiede di ritrattare tutto e di dichiarare che ho fatto tutto per rabbia, ma le cose non sono andate come lui credeva.  Avevo chiesto al giudice di fargli cessare le condotte ossessive e controllanti nei miei confronti con un semplice ammonimento, ma poi d'ufficio è stato rinviato a giudizio per stalking.

Non aveva mai smesso, neanche dopo l’ammonimento, di perseguitarmi.


Muore mio padre improvvisamente. Vengo chiamata dai carabinieri e chiamo il padre di mia figlia che quel giorno doveva già venire a prendere la bambina. Gli chiedo di anticipare per via dell'accaduto, in realtà lo faccio chiamare da una mia amica perché ero sotto shock e non riuscivo a parlare. Lui risponde che non sarebbe venuto e che con 4 gocce di Lexotan, mai prese in vita mia, potevo fare quello che dovevo cioè la madre. Da quel giorno mia figlia non lo ha mai più ne visto né sentito, mai, neppure quando un mese fa ha avuto un incidente e si è fratturata il braccio in più parti. Avvisato dagli avvocati, perché sia io che la piccola siamo da lui bloccate su whatsapp, ha continuato a non interessarsi dello stato di salute della figlia.


Motivo di tutto questo disinteresse? La denuncia per stalking e l’accusa nei miei confronti di averlo messo nelle condizioni di non poter fare il padre. Da quel momento mi sono fatta completamente carico di tutte le spese per la bambina, a partire dagli occhiali, che per lui non erano necessari alla fisioterapia per un problema al piedino alle scarpe. Nel cercare, comunque, di condividere e di tenerlo aggiornato sullo state di salute della bambina, ricevo in cambio sul cellulare della bambina alcune foto dove lui si bacia con una donna e messaggi minacciosi. A seguire nessuna telefonata alla figlia sotto lockdown per Covid19 e…nemmeno un centesimo!


Oggi sono madre e “padre” di mia figlia che ha 10 anni, una bambina orfana dell'amore e delle attenzioni di un padre vivo completamente disinteressato. Ho deciso che oltre 8 anni di udienze, rinvii, minacce e cattiverie sono davvero troppi da sopportare. Non so se sto facendo la scelta giusta, ma ho deciso di non stare più zitta, di non aspettare più!


Voglio giustizia per mia figlia e per la memoria di un padre che mi ha odiata per 5 anni al quale non è stata data la possibilità di fare il nonno.

Questa è l’Italia, un paese che tutela farabutti e si accanisce sui deboli. 



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