La povertà dei padri separati
Quella della povertà dei padri separati è una narrazione parziale. Non si nega che gli uomini dopo la separazione affrontino difficoltà economiche anche pesanti e che vadano incontro a impoverimento ma anche le donne separate si impoveriscono.
Linda Laura Sabbadini, esperta di statistica sociale e pioniera di rilevazioni sulla violenza di genere ha più volte spiegato che nel nostro Paese i separati hanno un livello di povertà assoluta superiore alla media: 10,9% contro l’8,9% dei non separati, ma il rischio di impoverimento delle donne è maggiore. Solo il 59,2% delle separate lavora contro l’82% dei separati. Le donne in povertà assoluta sono il 12,7% e il valore è ancora più alto se vivono sole e con figli: 18% , inoltre il 75% dei padri separati non è in regola con il versamento dell’assegno. La stessa Caritas
ha rilevato che del 15,7% dei separati che chiedono aiuto la maggioranza è composta di donne (53,5%).
Quanto ai lauti assegni di mantenimento sono corrisposti solo al 10% delle donne senza figli e al 21,3% delle donne con figli minori per un importo che raggiunge al max 500 euro mensili, l’abitazione viene assegnata alle mogli solo nel 60% dei casi e nel 69% quando ci sono figli.
Il tema della povertà dei padri separati scalda gli animi e veicola risentimento contro le donne senza che la politica in 20 anni abbia fatto interventi per abbattere le disparità salariali tra uomini e donne o abbia contrastato la disoccupazione delle donne che in un sistema che non garantisce più diritti, sono costrette a scegliere tra lavoro e cura dei figli. E la cura dei figli svolta principalmente dalle donne va benissimo finchè dura il matrimonio ma quando avviene la separazione si rivendicano tempi paritari da trascorrere insieme ai figli e a prescindere dalla sostenibilità della richiesta.
La fallita proposta di riforma dell'affidamento condiviso proposta dal Senatore della Lega, Simone Pillon, ha intrapreso i propri passi sul solco delle rivendicazioni rancorose di associazioni misogine ed è stata pensata senza alcuna osservanza della Convenzione di Istanbul
e della Carta dei diritti del fanciullo
ostacolando le tutele nei casi di violenza domestica su donne e bambini. La soluzione del senatore e dei suoi soci per le difficoltà economiche di chi si separa? Spostare il problema della povertà dai padri alle madri, senza risolverlo e senza tenere conto delle reali necessità dei figli minori.
Le associazioni di padri separati
Nel corso degli ultimi tre anni sono nate diverse associazioni di padri separati ma nell'ultimo anno c'è stato un vero e proprio boom. Il motore trainante è stato proprio il ddl Pillon che come abbiamo detto prima, rispondeva a pieno agli obiettivi di moltissime associazioni di padri separati rancorosi e arrabbiati ovvero togliere l'assegno di mantenimento
per i figli obbligando i bambini a trascorrere tempi paritetici con i genitori, liberare le case coniugali dalle madri e figli
per riacquistarne pieno diritto, riconoscere e introdurre la PAS - alienazione parentale
tra le cause di cambio di collocazione imponendo ai bambini di stare con il genitore rifiutato senza approfondire i motivi del rifiuto. A questi punti si aggiunge la mediazione obbligatoria, istituto che avrebbe potuto aggravare ulteriormente sia la conflittualità genitoriale che vittimizzare le donne che subiscono violenza (la mediazione in caso di violenza è vietata dalla Convenzione di Istanbul ma non tutte le donne vittime di maltrattamenti svelano la loro realtà con la separazione). Un ddl adultocentrico
che non avrebbe tutelato l'interesse dei minori bensì li avrebbe sacrificati per ridare obbligatoriamente ai padri quella responsabilità genitoriale già mancata tra le mura di casa e che vedeva nel vantaggio economico l'unica ragione di questa sete di paternità. I padri separati sono sul piede di guerra cercando di sparare sul bersaglio sbagliato, le donne.
Le false accuse
La violenza familiare esiste e chi la commette ha sempre interesse a sostenere che si tratta di invenzioni o false accuse. Ci sono blog misogini, talvolta gestiti da uomini rinviati a giudizio per violenze o stalking, che sfornano bufale a ripetizione e fanno propaganda sessista malcelata dalla rivendicazione della parità tra uomini e donne. A volte persone poco informate possono fare dichiarazioni imprudenti come quella rilasciata a Panorama da Tiziana Franchi, presidente dell'associazione Padri Separati: "per avviare un procedimento penale per stalking bastano tre telefonate fatte alla ex". In realtà ci vuole ben altro e quando si avvia il procedimento penale parte vuol dire che ci sono elementi gravi a carico dell'indagato.
Indagini canadesi ed inglesi hanno dimostrato che le denunce di abusi sessuali sui minori che si sono rivelate infondate vanno dall’1 al 3 %. Uno studio pubblicato da Marinella Malacrea nel saggio Bambini abusati (Cortina editore 2018) fa emergere percentuali coerenti con le ricerche europee. Si confonde da anni ad arte l’archiviazione di denunce perchè non si è riusciti a raggiungere la prova con le calunnie fatte deliberatamente per vendetta contro l'ex. Eppure la cronaca ci narra di donne uccise dopo aver fatto a volte fino a 12 denunce, ma la narrazione della donna come falsa e bugiarda attecchisce perché si lega su un pregiudizio misogino: quello della donna come essere menzognero. Eppure le statistiche internazionali e nazionali ci confermano che la violenza nelle relazioni di intimità colpisce prevalentemente le donne. A dirlo è Fabio Roia, 59 anni, presidente della sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano. Un magistrato con esperienza trentennale raccontata nel libro Crimini contro le donne. Politiche, leggi, buone pratiche (Franco Angeli).
L'elevato numero di archiviazioni è spesso dovuto al ritiro delle querele da parte delle donne a volte ingannate da promesse di cambiamento del partner o anche per inefficienza della magistratura non adeguatamente formata nel saper riconoscere la violenza. Infine un ruolo viene giocato dalle CTU che confondendo violenza e conflitto invitano le donne a ritirare la querela per dimostrare di abbassare la conflittualità. Il CSM recentemente ha mandato a tutti i capi degli uffici giudiziari una circolare per migliorare la qualità dell’azione della magistratura con una maggiore specializzazione dei giudici e dei pubblici ministeri e una riduzione dei tempi dei processi per dare migliori risposte alle donne.
I suicidi
Gli uomini ricorrono alla suicidio più spesso delle donne, l'
Istat
ha rilevato che le cause del suicidio sono legate soprattutto a malattie fisiche, mentali, stati morbosi ecc. ma nessuna rilevazione sullo specifico suicidio dei padri separati anche per le caratteristiche del fenomeno. Un suicidio è una tragedia ma è estremamente difficile (lo stesso Istat lo ha specificato) risalire in maniera netta alle cause. E allora, da dove viene il dato del 200 suicidi l'anno dei padri separati? Abbiamo cercato approfonditamente per mesi e il dato di
200 suicidi di padri separati
l'anno non ha alcuna conferma ufficiale da nessun organo istituzionale. Risulta essere un
dato buttato lì dal presidente di una associazione di padri separati
senza che nessun istituto nazionale o internazionale lo avesse mai registrato, una bufala insomma.
Nell'articolo pubblicato su Panorama, Tiziana Franchi dice la verità: non esistono stime ufficiali sui suicidi ma aggiunge "credo a questo numero" come se fosse un atto di fede, qualcosa che non deve nemmeno essere provato. La propaganda sui 200 suicidi l'anno dei padri separati ha raggiunto tre obiettivi. Demonizzare le donne attribuendo alla loro scelta di separarsi, la responsabilità della morte degli ex; stimare la morte degli uomini in numero doppio rispetto alle donne vittime di femminicidio; manipolare e influenzare l'opinione pubblica rovesciando la responsabilità della violenza intrafamiliare dal maltrattante e violento che uccide e spesso si suicida, alla donna uccisa. Tempo fa per vederci meglio, abbiamo chiesto al presidente di una associazione di padri separati di inviarci qualche link o riferimento a questi suicidi e rispose gentilmente inviandoci un elenco pubblicato sulla pagina
Morti di Stato. La prima cosa che abbiamo fatto è stata contare il numero degli uomini che si sono suicidati: 58 non in un anno ma in un arco temporale che va dal 1996 al 2012 ovvero 16 anni. Ma la cosa che lascia davvero sconcertati è che
tra le vittime sono contati uomini che hanno commesso femminicidio e figlicidio per poi suicidarsi. Nell'elenco di uomini che si sono suicidati troviamo anche gli uomini violenti che hanno assassinato la ex e talvolta anche i figli. Nell'intervista di Panorama del resto, Franchi cita la vicenda di un medico bolognese che dopo aver perso l'affidamento di una figlia per una denuncia di abusi, ha ucciso l'altra di 10 anni per poi suicidarsi e la cosa incredibile quanto gravissima è che ne parla come di una vittima. La normalizzazione e giustificazione della violenza contro le donne rovescia completamente la narrazione della violenza domestica facendo un resettaggio di tutto ciò che la civiltà e il riconoscimento dei diritti delle donne e dei fanciulli avevano conquistato negli ultimi 70 anni. Se l'uomo diventa violento insomma è colpa della donna che lo lascia e "gli vuole portare via i figli e i soldi" per cui diventa comprensibile e giustificabile per chi fa attivismo in queste associazioni che l'uomo distrugga per rivalsa o vendetta l'oggetto - figlio o l'oggetto - moglie.
Non aveva forse il pater familias
diritto di vita e di morte su moglie e figli?
di Nadia Somma
e Jakub Stanislaw Golebiewski